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Bitcoin in difficoltà: si profila di nuovo la croce della morte

Bitcoin trema sotto la pressione dei mercati: correlazioni con l’S&P 500, Death Cross in arrivo e liquidità in calo mettono a rischio la tenuta degli 80.000 dollari.

Di Christian Boscolo

Aggiornato il: Mar 31, 2025

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Le criptovalute sono una classe di asset ad alto rischio. Questo articolo è fornito a scopo informativo e non costituisce un consiglio di investimento. Potresti perdere tutto il tuo capitale.
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Il titolo non è solo allarmante ma anche squisitamente macabro, ce ne rendiamo conto, ma non ci sono buone notizie per Bitcoin che continua la sua discesa e potrebbe andare incontro a un ulteriore ribasso nel week-end.

Anche oggi la principale criptovaluta sta perdendo il 2% e viene scambiata molto vicino agli 82.000 dollari. Poco incoraggiante anche il dato settimanale con BTC che è sceso del 6,3%.

Esiste però un altro dato preoccupante che potrebbe far precipitare la situazione, ed è legato al collegamento tra Bitcoin e gli indici azionari, che nel corso degli anni è cambiato radicalmente. Vediamolo nel dettaglio.

La correlazione tra Bitcoin e il mercato azionario

Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia del 2020, Bitcoin ha mostrato una correlazione sempre più evidente con gli indici azionari tradizionali come l’S&P 500 e il Nasdaq. Quello che una volta veniva definito “oro digitale” per la sua natura anticiclica, oggi si comporta sempre più da asset di rischio, in particolare per la crescente presenza di investitori istituzionali e fondi regolamentati.

Bitcoin era sempre stato considerato uncorrelated (non correlato) o anticiclico, e in grado di agire come riserva di valore nei momenti di crisi. Tuttavia, dal 2020 in poi, con l’ingresso massiccio di investitori istituzionali, BTC ha cominciato a muoversi in maniera simile ad asset considerati rischiosi, come le azioni tecnologiche. La correlazione con il Nasdaq ha infine raggiunto livelli record nel 2022, secondo i dati di Bloomberg e Arcane Research.

I motivi di questa correlazione sono da ricercarsi principalmente nella presenza di liquidità a livello globale che ha spinto capitali anche verso le criptovalute, facendole crescere insieme agli indici azionari. Anche perché sempre più investitori vedono Bitcoin come un asset speculativo e ad alto rischio, un po’ come le azioni tech. Inoltre, l’adozione istituzionale ha reso BTC parte integrante dei portafogli di investimento, soprattutto quelli più bilanciati, che replicano l’andamento dei mercati.

Con l’inasprimento della politica monetaria da parte della Fed nel 2022-2023, la correlazione ha iniziato a perdere colpi, anche perché Bitcoin ha avuto movimenti più volatili e indipendenti. Oggi, la correlazione è più bassa rispetto al picco post-Covid, ma rimane importante, soprattutto nei momenti di tensione economica.

Il grafico in alto mostra chiaramente quanto i mercati tradizionali siano ancora oggi il barometro principale del rischio e quanto possano reagire a notizie macroeconomiche.

In appena 20 ore di trading, l’S&P 500 ha perso oltre 2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione PCE core (+2,8%) e l’aumento dei dazi sulle auto da parte di Trump. Un crollo violento che ha spazzato via altri $120 miliardi in after hours, ovvero nel trading post-mercato.

Insomma, la teoria della “correlazione con il Nasdaq”, che fino a pochi anni fa sembrava marginale, oggi è confermata dai dati: quando Wall Street trema, anche il mondo crypto vacilla.

Capire questi meccanismi è fondamentale per chi investe in Bitcoin: non basta più guardare i grafici on-chain, bisogna anche leggere i segnali che arrivano dai grafici tradizionali.

Attenzione alla Death Cross: la croce della morte

Il “Death Cross”, o “croce della morte”, è un segnale tecnico piuttosto noto tra i trader e si verifica quando la media mobile a breve termine (di solito quella a 50 giorni) incrocia verso il basso quella a lungo termine (di solito a 200 giorni).

Questo pattern, evidenziato con i cerchi rosa nei grafici qui sotto di Nasdaq QQQ e S&P 500 SPY, è spesso interpretato come un segnale ribassista, che può indicare l’inizio o la continuazione di una tendenza negativa sui mercati.

Nel caso attuale, sia l’S&P 500 sia il Nasdaq stanno mostrando i classici segnali di un Death Cross imminente o già in atto, causato anche dalle preoccupazioni legate ai nuovi dazi e a una situazione macroeconomica incerta.

Per Bitcoin, che ormai segue sempre più da vicino i movimenti di Nasdaq e S&P 500, un Death Cross su questi indici potrebbe generare ulteriore pressione ribassista, spingendo il prezzo anche sotto quota $80.000.

La storia però ci ha anche insegnato che in alcuni casi il Death Cross ha invece decretato la fine della fase ribassista, una specie di  “falso segnale” prima di un’inversione al rialzo.

In sintesi, il messaggio è chiaro: attenzione alla volatilità in arrivo dovuta ai mercati ma niente è ancora compromesso.

Bitcoin e la massa monetaria M2: mito o realtà?

Un’altra teoria molto in voga negli ultimi anni è quella che afferma che il prezzo di Bitcoin sia correlato all’andamento della massa monetaria globale M2, ovvero alla quantità di denaro in circolazione a livello globale. L’idea è che quando le banche centrali stampano più moneta (come avvenuto nel post-Covid), BTC salga.

Nelle ultime due settimane, la massa monetaria globale è calata di quasi 1.000 miliardi di dollari, segno che l’espansione monetaria si sta riducendo. Questo potrebbe spiegare il momento di debolezza di Bitcoin che non è più trainato dalla sola liquidità globale.

Un altro dato importante diffuso da Ali martinez è quello relativo ai miners di Bitcoin, che nelle ultime settimane hanno venduto oltre 2.400 BTC, pari a circa 220 milioni di dollari. Questo tipo di sell-off avviene spesso quando i minatori cercano liquidità per coprire costi operativi, soprattutto in momenti di incertezza o di calo dei profitti.

La combinazione di vendite dei miners, il calo della massa monetaria e le comparazioni sfavorevoli con l’oro stanno creando una situazione complessa con Bitcoin sta affrontando una pressione sia tecnica sia macro, e il suo status di “oro digitale” ormai viene messo in discussione, almeno nel breve termine.

Peter Schiff, economista noto per le sue posizioni critiche verso le criptovalute, ha colto l’occasione per sottolineare che, mentre l’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico sopra i 3.090 dollari, Bitcoin e gli asset di rischio (come le azioni) stanno invece perdendo terreno.

Per Schiff, questo è l’ennesimo segnale che BTC non può essere considerato “oro digitale” perché soprattutto nei momenti di crisi o incertezza macroeconomica, quando dovrebbe comportarsi da bene rifugio ma questo non avviene.

 

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Christian Boscolo
Christian Boscolo
Giornalista

Laureato in Scienze Politiche e iscritto all'ordine dei giornalisti pubblicisti di Milano, lavora nel settore editoriale da oltre 20 anni. Dal 2018 si occupa di criptovalute sia come investitore sia professionalmente per diversi siti specializzati. Leggi di più

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