Sono passati 16 anni dal debutto di Bitcoin nel gennaio del 2009. Nel tempo BTC è cresciuto a dismisura, fino a diventare l’asset digitale più conosciuto e capitalizzato al mondo, con un prezzo corrente di quasi 100.000 dollari dopo essere partito da zero.
Un successo che non è bastato a scoraggiare i suoi folti e convinti detrattori. Bitcoin nel corso del tempo ha ricevuto critiche da economisti, politici, miliardari, presidenti e perfino premi Nobel, sebbene per motivi differenti. Ad oggi, molto probabilmente anche il vostro vicino di casa ne ha un’opinione precisa, cosi come chiunque ne abbia vagamente sentito parlare.
Oggi però ci concentriamo su chi avrebbe il dovere di esprimere un parere informato, in particolare i numerosi personaggi pubblici che continuano a sparare a zero sulla valuta digitale creata dal genio di Satoshi Nakamoto.
Gli illustri detrattori di Bitcoin
I più critici sono gli investitori e gli economisti, che in realtà avrebbero il dovere di informarsi. Warren Buffett, noto imprenditore statunitense e uno degli uomini più ricchi al mondo, ha dichiarato che: Bitcoin è un miraggio, e che arriverà un brutto finale.
Lo ha seguito a ruota Peter Schiff: Broker milionario e CEO di Euro Pacific Capital, che lo ha definito come “la bolla più grande che abbia mai visto”. Anche Mark Cuban: proprietario dei Dallas Mavericks, ha paragonato Bitcoin a una bolla, aggiungendo però che: le banane sono un mezzo di pagamento migliore.
Spostandoci in Europa, Christine Lagarde (Presidente della Banca Centrale Europea) ha recentemente affermato che: “i Bitcoin non entreranno nelle riserve di nessuna delle banche centrali del Consiglio generale”. Ha inoltre sottolineato che le criptovalute sono spesso utilizzate per attività illecite.
Anche il nostro italianissimo politico, Carlo Calenda, leader di Azione, ha espresso critiche nei confronti di Bitcoin, definendolo “uno schema Ponzi” destinato a “esplodere”.
L’ultima critica in ordine di tempo è però arrivata da un premio Nobel per l’economia, Eugene Fama, definito come il “padre della finanza moderna” che ha espresso una previsione pessimistica riguardo al futuro di Bitcoin.
- Eugene Fama è un economista statunitense, premio Nobel per l’economia nel 2013, noto per la teoria dei mercati efficienti, secondo cui i prezzi degli asset riflettono sempre tutte le informazioni disponibili. È considerato uno dei padri della finanza moderna.
In un’intervista al podcast Capitalisn’t, Fama ha affermato che esiste una probabilità vicina al 100% che il valore di Bitcoin scenda a zero entro i prossimi dieci anni.
Fama ha basato la sua previsione su quelle che ritiene le criticità di Bitcoin: l’elevata volatilità, l’assenza di valore intrinseco, e l’insostenibilità del mining.
Bitcoin: oltre i luoghi comuni, ecco cosa rappresenta davvero
Insomma, Bitcoin è stato criticato per anni con argomentazioni trite e ritrite che dimostrano una scarsa comprensione del suo funzionamento e, soprattutto, del suo vero scopo.
Nonostante il nome criptovaluta, Bitcoin non nasce per competere con Visa o PayPal nei pagamenti quotidiani. Il suo obiettivo è quello di diventare una riserva di valore decentralizzata, l’equivalente digitale dell’oro, ma con proprietà superiori: scarsità, resistenza all’inflazione e alla censura, e massima accessibilità
Una delle critiche più diffuse attribuisce a Bitcoin elevati consumi energetici senza che ce ne sia la reale necessità. In realtà, il mining non è uno spreco, ma un meccanismo complesso che garantisce sicurezza e decentralizzazione.
Senza contare che gran parte dell’energia utilizzata proviene da fonti rinnovabili o in eccesso, che altrimenti andrebbero sprecate. Inoltre, se vogliamo paragonare il consumo di Bitcoin a quello del sistema bancario tradizionale, la differenza non è così schiacciante. Bitcoin elimina infatti tutti gli intermediari, riducendo costi e inefficienze.
Bitcoin non ha valore… come l’oro
Alcuni critici sostengono che Bitcoin non abbia valore perché non è supportato da nulla. Ma in realtà anche l’oro ha valore solo perché è scarso e desiderato. Inoltre, mentre le valute fiat vengono svalutate dalle banche centrali con politiche monetarie discutibili, Bitcoin rappresenta una protezione contro la perdita di potere d’acquisto.
Senza contare che BTC è resistente alla censura, nessun governo può bloccarne l’utilizzo ed è trasferibile in pochi minuti, a differenza dell’oro.
Bitcoin non è uno schema Ponzi
Infine, sfatiamo quest’ultimo mito. Lo schema Ponzi è un modello economico truffaldino ideato da un nostro connazionale: Charles Ponzi (1882-1949), che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi “investitori”, a loro volta vittime della truffa.
Bitcoin, invece, non promette rendimenti fissi, non ha un’organizzazione centrale che lo gestisce e funziona in modo trasparente grazie alla blockchain.
Conclusioni
Di certo BTC è inviso alle banche mondiali, perché rappresenta una soluzione di pagamento trasparente e senza possibilità di censura o sequestro, oltre ad essere una commodity che, al pari dell’oro, acquisisce valore nel tempo. Una forza dirompente che si è costruita la sua credibilità negli anni, ed oggi è apprezzato anche dalle istituzioni finanziarie.
Insomma, parafrasando la celebre frase di Giulio Andreotti: Il potere logora chi non ce l’ha, anche Bitcoin alla lunga logorerà gli scettici, che oggi ne parlano per sentito dire e senza averne approfondito le dinamiche crittografiche.
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