Si è tenuta a Las Vegas la Bitcoin Conference 2025, uno degli eventi più importanti e significativi del settore. In questa occasione Michael Saylor, co-fondatore di MicroStartegy, ha espresso la sua visione su un tema centrale nel settore delle criptovalute, la Proof-of-Reserve (PoR).
Secondo l’imprenditore americano, la proof-of-reserve è più pericolosa che utile, tanto che durante la conferenza l’ha paragonata alla pratica di rendere pubblici i dati bancari di tuo figlio – un’idea che considera irresponsabile e dannosa per la sicurezza dell’intero ecosistema crypto.
Esporre i wallet? Un rischio troppo alto
Durante il suo intervento, Saylor ha criticato l’approccio attuale adottato da molti exchange e piattaforme crypto, che prevede la pubblicazione degli indirizzi wallet per dimostrare la detenzione degli asset dichiarati. L’intento di questi exchange è semplice: essere trasparenti fornendo dati, in modo tale da far vedere la stabilità finanziaria della piattaforma. In teoria sembrerebbe un atto giusto, in quanto la trasparenza porta fiducia nei confronti dell’azienda che mostra i propri registri. Tuttavia, secondo Saylor, questa potrebbe essere una mossa pericolosa che espone utenti e istituzioni a potenziali attacchi informatici.
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— Professor₿ 🟧 (@ProfessorB21) May 27, 2025
Secondo la sua visione rendere pubblici i wallet significa fornire agli hacker un bersaglio preciso e accessibile, ovvero significa semplificargli il lavoro. Ma non solo: questi dati potrebbero essere sfruttati anche come forma di controllo nei confronti degli utenti, in quanto attraverso i dati è possibile creare strategie di ingegneria sociale finalizzata al controllo.
La questione dei dati è un argomento di grande interesse, in quanto cederli significa sacrificare la privacy, tema centrale tra gli esperti del settore e non solo. Il risultato di questa scelta potrebbe quindi essere quello di rendere più vulnerabile il sistema sia per i singoli investitori che per i colossi colossi del settore.
Perché si è diffusa la Proof-of-Reserve?
Il concetto di PoR ha iniziato a prendere piede dopo il crollo di FTX nel 2022. Dopo il crollo, Changpeng Zhao, noto anche come CZ -all’epoca CEO di Binance– sostenne che per garantire maggiore stabilità al settore crypto, tutti gli exchange avrebbero dovuto adottare al più presto la Proof-of-Reserve.
Secondo CZ, a differenza delle banche, che operano con riserva frazionaria, gli exchange avrebbero dovuto avere riserve complete, vista l’elevata volatilità del mercato crypto. In seguito a quello scandalo, molte piattaforme hanno cercato di rassicurare il mercato dimostrando di avere fondi sufficienti, pubblicando i saldi dei propri wallet pubblici. Binance, Kraken, Bitget e altri big del settore si sono mossi in questa direzione, guadagnandosi momentaneamente la fiducia degli utenti.
Secondo Saylor, però, questa strategia è solo una mezza misura: può dare una parvenza di trasparenza, ma non dice nulla sulle reali condizioni finanziarie dell’azienda.
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“Mostrare Solo le attività? È come una casa a metà”
Il punto centrale della critica di Saylor è semplice: la Proof-of-Reserve mostra solo le attività, ma ignora completamente le passività. Vedere un wallet con un miliardo di dollari in Bitcoin può sembrare rassicurante, ma se l’azienda ha due miliardi di debiti, la situazione cambia radicalmente. In mancanza di un quadro completo, i dati offerti dalla PoR sono fuorvianti.
La sua proposta: audit indipendenti, non wallet pubblici
Saylor propone una strada alternativa: invece di mostrare pubblicamente gli indirizzi dei wallet, le aziende crypto dovrebbero sottoporsi a controlli contabili da parte di revisori indipendenti, professionisti con una reputazione nel settore. Secondo l’imprenditore americano questo è l’unico modo per costruire un sistema basato sulla fiducia tra piattaforme e utenti senza cedere sulla sicurezza.
Un dibattito ancora aperto
Come spesso accade nel mondo delle criptovalute, la posizione di Saylor ha acceso il dibattito. C’è chi apprezza la sua cautela e chi, invece, ritiene che una certa dose di trasparenza – anche tramite i wallet pubblici – sia accettabile, purché gestita con attenzione.
Entrambe le parti sollevano punti validi: la trasparenza è essenziale, ma la sicurezza non può essere compromessa. La sfida, oggi, è trovare un equilibrio tra questi due principi.
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Il futuro della Proof-of-Reserve è incerto
La questione rimane irrisolta: mostrare pubblicamente i saldi o proteggerli per garantire la sicurezza? Questa domanda sta destando interesse tra gli addetti ai lavori e non solo.
La Proof-of-Reserve appare come una pratica che mostra un certo grado di garanzie, tuttavia non va accettata senza aprire un dibattito sul modo più sicuro per gestire questa pratica, magari trovando anche soluzioni alternative. Come sappiamo, il settore delle criptovalute è in continua evoluzione per cui talvolta non è facile prevedere i risvolti futuri. Anche perché l’universo crypto tocca temi di varia natura: tecnica, economica, finanziaria e politica.
Tutti questi temi si incrociano tra di loro nel dibattito in quanto l’ambito delle criptovalute è più eclettico e complesso di quello che si possa pensare. Vengono trattati temi sociali come la privacy, il superamento del sistema bancario, fino a temi tecnici come la proof-of-reverse. Le criptovalute sono un settore in espansione con continue novità e per questo per il legislatore non è sempre facile stare al passo con i tempi. Lo stesso vale per il settore privato, le aziende dovranno di volta in volta trovare metodi sempre più efficaci e sicuri per dimostrare la propria solidità finanziaria e rassicurare gli utenti.
Per il momento, Michael Saylor mantiene riservati i propri indirizzi wallet – e non sembra intenzionato a cambiare idea.
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