La Federal Reserve elimina il “reputational risk” dalle valutazioni bancarie e per le aziende crypto statunitensi si apre finalmente uno spiraglio per accedere ai servizi finanziari tradizionali.

Per anni, le aziende che operano nel settore delle criptovalute si sono trovate tagliate fuori dai circuiti bancari classici, e non per colpa di frodi o falle nei sistemi di sicurezza, il punto era l’immagine. Una specie di pregiudizio silenzioso che metteva in allarme i revisori, del resto bastava essere “troppo crypto” per finire fuori gioco senza la minima spiegazione e le banche si tenevano alla larga per paura di finire nei guai con i regolatori. Ora, però, quel freno si allenta e lo fa in modo ufficiale, infatti la Federal Reserve ha deciso di eliminare dal suo radar il cosiddetto “reputational risk”, seguendo l’esempio della FDIC e dell’OCC. Una scelta che, anche se passata un po’ in sordina, segna un cambio di passo molto concreto.

Che cosa cambia davvero per le banche

Da oggi, le banche non devono più preoccuparsi di come possa essere percepita la collaborazione con una società crypto, ma quello che conta è la sostanza: rischio finanziario, operativo e legale, non più il “cosa penseranno gli altri?”. E questa, per quanto sembri una sottigliezza, è una liberazione per chi vuole portare innovazione vera nel sistema. Ovviamente non è che domani tutte le banche apriranno le porte alle piattaforme di crypto trading, sia chiaro, ma almeno non rischiano più una penalizzazione per il solo fatto di avere tra i clienti un’azienda legata alla blockchain.

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Meno ostacoli, più normalità per le aziende crypto

Tanti progetti, anche solidi, erano costretti ad appoggiarsi a banche estere o a usare soluzioni alternative per gestire i pagamenti e alcune startup, soprattutto quelle più piccole, non riuscivano neanche a farsi aprire un conto. Una situazione surreale, in un Paese che si definisce patria dell’innovazione. Con la rimozione del “reputational risk”, si apre almeno la possibilità di tornare a parlare di rischi veri: trasparenza, tracciabilità, gestione della volatilità. Tutto il resto – simpatie o antipatie verso il mondo crypto – finisce in secondo piano. In definitiva il segnale che arriva è più che chiaro: se un’azienda è legale e rispetta le regole, deve poter accedere ai servizi finanziari.    

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Clara Rosati

Ha conseguito una laurea magistrale con una tesi sull’evoluzione della tecnologia blockchain, approfondendo in particolare le sue applicazioni nei sistemi economici digitali. Ha collaborato con diverse testate scrivendo articoli su criptovalute, finanza decentralizzata e innovazione tecnologica, e ha partecipato a... Leggi di più

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