Con più di 18 milioni di persone coinvolte nel trading di asset digitali, in Corea del Sud le crypto non sono solo uno strumento ma una filosofia di vita. I volumi di questo mercato superano infatti quelli dei due principali mercati azionari del paese, il Kosdaq e il Kospi. Il settore è diventato insomma una forza economica, sociale e politica. Il vero vincitore delle prossime elezioni sembra già deciso: sono le criptovalute.
Da destra a sinistra, le crypto incontrano il favore di tutti
Che a vincere fosse stato il partito conservatore con Kim Moon-soo o il centrosinistra di Lee Jae-myung (così come si è rivelato), la prospettiva per il settore crypto era identica: fortemente rialzista. Entrambi i candidati hanno portato in campagna elettorale promesse votate alle crypto, garantendo meno regolamentazioni, accesso maggiore ai mercati e addirittura la legalizzazione degli ETF crypto spot. Al momento, i cittadini sudcoreani detengono oltre 74,5 miliardi di dollari in asset digitali, si parla di uno dei mercati più floridi e in fermento a livello globale.
Lee ha persino proposto di esporre il fondo pensione nazionale da 884 miliardi di dollari agli asset digitali. Un azzardo bello grosso che più che audace si potrebbe definire sconsiderato, senza considerare che il suo avversario Moon-soo è d’accordo. In tempi così fortemente polarizzati sembra assurdo vedere un consenso unilaterale sul futuro a lungo termine delle crypto, eppure in Corea sembra una realtà consolidata.
NEWS: South Korea elects pro-crypto Lee Jae-myung, who pledges support for Bitcoin ETFs and a won-backed stablecoin. pic.twitter.com/2Gh2zmCFPD
— CoinGecko (@coingecko) June 4, 2025
Stablecoin nazionali: tra resistenze e ambizioni
Non è tutto in armonia come potrebbe apparire però. Lee ha proposto infatti l’introduzione di una stablecoin ancorata al Won sudcoreano, per limitare la dipendenza da USDT e USDC e tenere i capitali all’interno del paese. Una mossa che ha un suo senso, se consideriamo che già nel primo trimestre del 2025 dalle piattaforme coreane sono usciti 56,8 trilioni di won, circa 41 miliardi di dollari e la metà sono stablecoin legate al dollaro.
🇰🇷 LATEST: Pro-Bitcoin Democratic Party candidate Lee Jae-myung wins South Korea’s presidency. pic.twitter.com/ztefxcGI5D
— Cointelegraph (@Cointelegraph) June 3, 2025
L’idea è quella di tenere il denaro sotto il controllo nazionale, arrestare la fuga di capitali e modernizzare il sistema finanziario. La Banca Centrale della Corea del Sud però, ha reagito in maniera non molto positiva. Il governatore Rhee Chang-yong ha espresso forti dubbi, affermando che solo le banche centrali dovrebbero emettere stablecoin. Il timore è che una stablecoin privata possa danneggiare la politica monetaria nazionale. Insomma: parliamo del solito TradFi contro DeFi. Negli Stati Uniti si sta concretizzando una situazione decisamente simile.
L’Asia risponde alla spinta USA sul dollaro
Chiaro è il messaggio di Donald Trump all’Asia sul tema delle stablecoin: non restate indietro. Il presidente USA ha infatti definito le stablecoin uno strumento di difesa geopolitica. L’Asia non sembra assolutamente voler restare indietro però e la Corea del Sud sembra più che decisa a difendere il proprio ruolo nel nuovo ordine finanziario digitale, mantenendo il passo.
Nel corso del luglio 2024 il paese aveva già introdotto il Virtual Asset User Protection Act: una legge molto severa che impone agli exchange crypto requisiti di sicurezza, responsabilità legale in caso di frodi o hack e assicurazione. In caso di una grave truffa si rischia l’ergastolo. Una legge nata come risposta frontale alla catastrofe di Terra/LUNA che ha visto 40 miliardi di dollari andare in fumo, e al caso Do Kwon, cittadino sudcoreano che presto verrà processato per frode finanziaria negli Stati Uniti.
Sembra insomma che la Corea si stia muovendo in maniera tanto determinata quanto attenta, conoscendo bene vantaggi e rischi del settore.
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